domenica 17 marzo 2013


"La TAZ è un luogo liberato, dove la verticalità del potere viene sostituita spontaneamente con
reti orizzontali di rapporti. Un luogo che, grazie alla sua struttura intrinseca, è in grado di sparire
nel momento in cui più forte diventa il carico repressivo o l'intrusione da parte del sistema dello
spettacolo, per riformarsi in un altro dove, in una altro tempo, cambiando nomi e apparenti
identità ma sapendo mantenere la propria radicale alterità" (Bey, 1993)

"Siamo noi che viviamo nel presente condannati a non sperimentare mai autonomia, a non
stare mai per un momento su di un pezzo di terra dominato solo dalla libertà?" (Bey, 1993)




Un certo tipo di enclave libera è non solo possibile ai nostri giorni, ma anche esistente. E' la
zona temporaneamente autonoma del rave.




"La TAZ è come una sommossa che non si scontra direttamente con lo Stato, un'operazione di
guerriglia che libera un'area (di tempo, di terra, di immaginazione) e poi si dissolve per
riformarsi in un altro dove, in un altro tempo prima che lo Stato la possa schiacciare" (Bey,
1993).

TAZ (Bey, 1993) si è inserito con forza nel dibattito cosiddetto "cyberpunk" intorno ai raves
ponendo all'attenzione generale dei temi forti e radicali. Ed è in queste categorie più radicali che
si evince l'attitudine volta alla trasformazione. La prima di queste è il "nomadismo psichico",
inteso come abbandono delle appartenenze familiari, nazionali, geografiche, di gruppo politico,
di identità rigidamente intese come appartenenza esclusiva in senso ideologico, alla ricerca di
nuove possibilità nella costruzione di rapporti umani e nei confronti del potere.
L'identità dei raves che, di volta in volta, prendono parola sono effimere e mutevoli, situate in un
punto di snodo da cui partono solo appartenenze momentanee. Il rave è un io multiplo che
affolla gli spazi: è compresente e atopico, in grado di occupare lo spazio fisico della propria
localizzazione senza sbilanciarsi nel dargli un'identificazione (Del Ferraro, 2001).





"Dobbiamo attendere che il mondo intero venga liberato dal controllo politico prima che uno
solo di noi possa dire di conoscere la libertà?" (Bey, 1993)

Microcosmo del "sogno anarchico" di una cultura libera, la TAZ è la tattica migliore con la quale
lavorare verso quello scopo, sperimentando nel contempo alcuni dei suoi benefici qui e ora. Per
provare la libertà non possiamo aspettare che tutto il genere umano ne sia coinvolto, sarebbe
come definirci sconfitti.




 Vitale nel delineare la realtà della TAZ è il concetto di nomadismo psichico. In un'epoca in cui la
velocità e il "feticismo della merce" hanno creato una tirannica falsa unità culturale che tende a
levare tutte la diversità e l'individualità culturale cosicché "un posto vale l'altro". Questo
paradosso crea "zingari", viaggiatori psichici spinti dal desiderio o dalla curiosità, vagabondi non
legati a nessun particolare tempo o luogo in cerca di diversità e di avventura... Questa
descrizione non copre solo le classi di artisti ed intellettuali, ma anche lavoratori migranti,
rifugiati, "senza casa", turisti, la cultura del camper e della casa mobile, gente che viaggia via
rete ma magari non lascia mai la propria stanza e finalmente include i ravers; i nuovi nomadi e
pirati metropolitani.

"Nomadismo psichico come tattica: questi nomadi praticano la "razzia", sono corsari, sono
virus; hanno bisogno e voglia di TAZ, campi di tende nere sotto le stelle del deserto, interzone,
oasi fortificate lungo carovaniere segrete, parti di giungla e di pianura "liberate", aree proibite,
mercati neri e bazar sotterranei" (Bey, 1993).

Concretamente parlando le T.A.Z. possono essere considerate fine a se stesse, ma
teoricamente potrebbero essere considerate come forme di lotta verso una realtà diversa. Sono
"isole nella rete" ed è interessante capire che non sono state pensate per durare "per sempre"
ma solo finché il progetto si dimostra soddisfacente.